Edicole religiose nel territorio di Canavaccio
Le edicole religiose sono un fenomeno dell’ arte cristiana che nasce nel 1300 e si mantiene sino al XIX secolo.
Queste piccole costruzioni erano generalmente poste in prossimità di crocicchi, sulle strade ed in nicchie poste sulle facciate delle antiche abitazioni di campagna.
Le edicole di cultura marchIgiana, come le stesse immagini, non erano particolarmente decorate e non erano neppure oggetto di particolare venerazione.
La loro struttura architettonica riconduce all’antica tradizione delle nicchie con timpanetto, ma la loro datazione non è molta antica.
E’ possibile individuare una datazione di massima per le edicole marchigiane, che è compresa tra la seconda metà del settecento e la fine dell’ottocento; ovviamente per le nicchie collocate su facciate è necessario prendere in considerazione l’epoca di costruzione delle abitazioni.
Da questa datezione sono escluse tutte quelle edicole ricostruite in anni recenti sulla base di resti più antichi.
Le edicole, chiamate dalla tradizione locale “figurine”, erano semplici come i luoghi ove erano collocate, erano poste in punti dove la fatica veniva alleviata dalla fede, queste due necessità inevitabili e vere realtà di vita.
Le edicole rurali erano poste sopratutto nei punti in cui la paura dell’ oscurità notturna cercava un conforto e, quindi, acquistavano una funzione di presenza propiziatrice.
Altri motivi che ne determinavano la collocazione erano una grazia ricevuta, una frana pericolosa oppure il desiderio di onorare la Madonna.
Il caso delle edicole di Canavaccio è possibilie considerare un ulteriore fattore che ne ha determinato la specifica collocazione.
Infatti, tutte le costruzioni sono poste su un antico percorso, già utilizzato in epoca romana, che collegava la Pieve di Gaiffa a Canavaccio per poi proseguire per S. Marino di Urbino ed infine raggiungere la città di Urbino.
Non è dunque errato pensare che le figurine prese in esame in questa breve esposizione siamo state un tempo punti di conforto ai viandanti e a quanti erano costretti a spostarsi lungo tale percorso anche nei peggiori periodi dell’anno soprattutto in tristi occasioni, quendo la morte o la malattia imponeva presenze che venivano dalla città.
Ancora nei primi decenni di questo secolo era facile incontrare un discreto numero di persone e carri che affrontavano il faticoso percorso.
Davanti alle edicole si usava fare il segno della croce e gli uomini si toglievano il cappello, poi seguiva la recita di alcune preghiere.
Tutte le sere di Maggio i contadini si riunivano davanti alle edicole sacre per recitare preghiere e cantare.
La sera che precedeva l’Ascensione e la Venuta, oltre alle preghiere si facevano fuochi e spari in segno di gioia.
In occasione di particolari ricorrenze, come la festa della parrocchia o della stessa Madonna, le edicole venivano illuminate da lumini di cera posti intorno all’immagine sacra e su scalini che si trovavano ai piedi delle edicole e usati come inginocchiatoio.
Nei giorni che precedevano l’Ascensione alcune “pinturette” erano il punto terminale di processioni.
AII’ interno delle nicchie erano riposte delle immagini sacre o statuette che si rifacevano al modello delle Madonne Lauretane. In occasione del recupero di questo tipo di produzione votiva, all’interno delle nicchie di seguito elencate sono state collocate copie in cemento rifatte sulla base di un calco da un originale in pietra arenaria alto 55 centimetri presente in una edicola del luogo.
La Madonna riprodotta è iconograficamente collocabile alle Madonne Lauretane scolpite dagli scalpelli di Sant’ Ippolito (PU) la cui opera iniziò già nel trecento per continuare fino al secolo scorso. Le miniere di arenaria del luogo erano sfruttate già in epoca romana, ma dal trecento in poi non ci furono solo scalpellini ma veri e propri artisti che operavano sotto l’impulso dei maestri veneti e toscani.
Grazie alla confluenza di tali culture a Sant’Ippolito si instaurò che perdurò sino alla fine dell’ ottocento.
La statua, pezzo originale di una delle nicchie recuperate, vanta una singolare bellezza, molto particolare la resa del volto piatto con la sporgenza del naso e del mento appena accennate, mentre la testa è arricchita da un particolare e ricercato copricapo e da una vaporosa acconciatura.
L’abito è arricchito da un panneggio regolare e simmetrico, che si estende dal collo all’orlo delle vesti, sul quale sono abilmente scolpite due collane di preziosa fattura dalla quale si può risalire ad una possibile datazione riportabile alla seconda metà del ‘700.
Il Bambino sorretto dalla Vergine presenta in viso gli stessi caratteri del volto della Madonna, mentre degna di nota è la resa delle mani. L’ immagine è scolpita solo nella parte anteriore, sul retro è possobile notare uno splendido lavoro di scalpello visibile e preciso.
Questa meravigliosa scultura è orientativamente databile alla seconda metà del settecento.
Per la realizzazione delle copie di questa statuetta
un particolare ringraziamento al professore Pino Mascia
docente di modellistica all’Accademia delle Belle Arti in Urbino
Tutte le edicole sottoelencate sono prive delle immagini sacre originali, rubate nel corso degli ultimi decenni
Maria Cristina Marchetti
- Associazione culturale “la cantina” Maria Cristina Marchetti; Boris Buchi; Stefano Raia. Pubbliacato nel 1996
- Renato Bellabarda, Deputazione di Storia Patria per le Marche, studi e testi
Edicole Sacre nelle strade Marchigiane
Contributo allo studio delle tradizioni popolari, Macerata, 1974 - Enrico Ferdinando Londei, Pino Mascia; “Il convento di Monte Ciccardo”
Centro stampa della Provincia di Pesaro e Urbino, 1995
- Maria Cristina Marchetti
Il presente testo è stato stampato nel maggio 1996 in edizione limitata a 100 copie
Un gruppo di giovani gira per le campagne, interroga i vecchi, prova a “far parlare” cumoli di pietre, consulta carte topografiche, progetta e volontariamente realizza interventi di recupero.
Il tutto alla ricerca di segni e testimonianze di un passato non remoto, ma non per questo meno significativo, nell’ intento di ricostruire frammenti di paesaggio e di memoria di questo piccolo territorio.
Il senso del nostro intervento è tutto qui: ai confini di ogni campo, nei bivii di tratturi ormai scomparsi, nelle facciate di alcune case più antiche, erano collocate piccole edicole o nicchie ospitanti Madonnine Lauretane.
Ogni nicchia ha un nome ogni edicola una leggenda; segni di praticate devozioni locali; stazioni, forse, di antiche processioni o lougo di ristoro spirituale dei viandanti.
Oggi non cisono più. Di queste statuette si è un modello, forse più antico di altri.
L’ associazione culturale “LA CANTINA” (questo il nome che frattanto questi giovani hanno deciso di darsi ) decide di riporre una copia di una Madonna in ogni nicchia e in ogni edicola sopravvissute alle intemperie e al’ incuria dei tempi.
Non si tratta di un’ operazione di restauro (altre competenze ed altri esperti avrebbero dovuto muoversi), si tratta invece dei primi vagiti di una proposta: la nostra frazione sta ingrandendosi, sta modificandosi pare avviarsi verso un nuovo sviluppo.
Con il nostro piccolo contributo intendiamo solo ricordare che non esiste futuro senza passato, che non esiste sviluppo senza memoria.
Frattanto ci pregiamo soltanto di offrire agli odierni e speriamo numerosi viandanti delle nostre colline un piccolo frammento di poesia, una visione direttamente evocata dal passato del paesaggio.