La cantina Basili Crescentino & Figlo negli anni ottanta arrivò a produrre circa 600 ettolitri di vino tra Bianchello, Sangiovese e Vinsanto. L’azienda era avviata nel settore della produzione di ortaggi verdure di ogni genere, tra i suoi clienti, la Cirio (multinazionale del settore). La cantina esisteva già, ed era una cantina come le tante presenti nella zona , grandi quantità da poter vendere a osterie della zona il proprio vino sfuso. I terreni erano sparsi in diverse zone di Canavaccio, altri ettari posseduti erano nei pressi di Calmazzo. L’opportunità di fare dei vini di DOC di qualità è venuta quando Massimo lavorando a Caorle come Farmacista insieme al fratello Norberto, ha conosciuto una persona.
“ho conosciuto il gestore delle cantine Assicurazioni Generali di Venezia che aveva la sua sede operativa proprio lì, vicino a Caorle. Tramite lui ho frequantato dei corsi, ho imparato e visto come facevano la vinificazione in Veneto, la cosiddetta vinificazione in bianco che era un processo che qui da noi ancora non si praticava, soprattutto a Canavaccio, siccome la mia voglia di tornare a Canavaccio era tanta si decise di portare avanti questo percorso imprenditoriale”
Siamo nei primi anni ottanta quando Crescentino Basili perito agrario iniziò ad investire nella produzione del vino DOC di qualità. Per un buon risultato il processo in cantina richiedeva la presenza di diversi braccianti e lavoratori a giornata per cui si iniziava dalla cura delle viti, ai trattamenti, al raccolto, fino alla pigiatura in cantina .
Massimo ci racconta che la raccolta delle uve non veniva eseguita fino a che il grado zuccherino del mosto non raggiungeva il valore desiderato in modo tale da mantenere quei profumi organolettici freschi e vini beverini. Si partiva il mattino e davanti all’abitazione dove al piano terra c’era la cantina si radunavano donne e uomini dei d’intorni incaricati al raccolto. I vigneti più grandi erano ai due lati della strada che porta alla Brombolona nei pressi del cimitero del paese, per coprire il fabbisogno dei tini, l’uva, veniva acquistata anche in giro dai piccoli proprietari del posto. Silvestrini Giuseppe e Serafini Guerrino (detto Guerra) erano i braccianti fissi i quali col loro lavoro contribuivano al processo di vinificazione e a tutte le faccende di cantina.
Finito il processo di pigiatura partiva la fermentazione del mosto. All’epoca, in inverno, le temperatura erano molto più basse di oggi, per far partire la fermentazione e mantenerla era compito di Pepp (Silvestrini Giuseppe che fumava a tutto spiano) ad accendere due stufe a legna in ghisa color rosso mattone all’interno della cantina e veniva due tre volte al giorno a metter su la legna pur di mantenerle accese per tutta la giornata e per lunghi giorni. Di legna ne veniva bruciata tanta.
Il mercato delle vendite copriva tutta la provincia ed era rivolto soprattutto a ristoratori, anche della costa, come a Fano e a Pesaro. Mentre a quest’ultimi vendevamo vino in bottiglia delle nostre due etichette, alle tante osterie e rivendite di vino sparse nella provincia ma soprattutto a Urbino, vendevamo damigiane, nell’ordine di 5, 10 20 alla volta. Un punto di forza era anche il vino Santo che grazie a dei professori che insegnavano all’università di Urbino che abitavano in giro per l’Italia han fatto conoscere il prodotto.
“Una grande soddisfazione, era, quando ti chiamavano da tutta Italia per ordinare cartoni di vino Santo. Prendevo prenotazioni l’anno prima e organizzavo le spedizioni quando il vino era pronto. La nostra produzione era poca, sulle 4-500 bottiglie all’anno. Comprammo la madre da un coltivatore diretto nei pressi di Sant’Angelo in Vado il quale ci vendette la botte intera di circa 50-60 litri per non rischiare di mandare a male tutta la madre del vino”
Il tempo passa e dopo i primi tre anni di sacrificio si è notato che la gratificazione economica non era sufficiente alle fatiche sottoposte. Con altri studi di settore l’azienda concluse che per avere buone gratificazioni anche economiche si dovevano piantumare altri undici ettari di vigneti a supporto dei nove già di proprietà. Massimo con l’aiuto di uno studio commerciale del posto presentò tutte le domande necessarie alla Regione Marche che finanziava dei fondi regionali al riguardo. Le cose andarono molto alla lunga, ma a distanza di diversi anni la risposta arrivò e fu accettata, ma nella lunga attesa le scelte deviarono in altri interessi dai quali era difficile tornare indietro. L’azienda Basili Crescentino e Figlio rifiutò il finaziamento e di conseguenza il progetto vigna vino e cantina giunse al suo termine.
Degno di nota sono i concorsi a livello Nazionale ai quali l’azienda partecipò con grandi soddisfazioni, classificandosi sempre tra i primi posti.
Lavori in corso negli anni ’70-80 davanti alla cantina Basili Crescentino & Figlio a Canavaccio
Massimo Basili ci racconta le origini della produzione di Bianchello del Metauro e Sangiovese nella propria cantina a Canavaccio
Le etichette nelle bottiglie dei principal vinii